Associazione tra Sophora e Inonotus Hispidus
Ecco una associazione che è facile incontrare durante le pratiche diagnostiche quotidiane, Sophora japonica ed Inonotus hispidus, con tutta la tipica sintomatologia associata.
In alto, al margine superiore della lesione, ecco il carpoforo annuale del fungo con la caratteristica guttazione sulla faccia inferiore, quella fertile. Il corpo fruttifero è abbastanza fresco; con i primi freddi (la foto risale ad ottobre) il fungo annerisce, si dissecca parzialmente e finisce per cadere al suolo alcuni mesi dopo.
Sotto al carpoforo ecco la necrosi longitudinale, ormai attiva da molti anni come si evince dalla depressione che corrisponde al mancato incremento diametrico annuale. Di fatto, la necrosi è poco visibile in quanto i tessuti morti restano corticati.
Ai margini della lesione si osservano poi vigorosi cercini cicatriziali che, evidentemente, corrispondono alla formazione di una Barriera (Muro 4) a separazione tra tessuti alterati e tessuti neoformati. Come si vede chiaramente, la cicatrizzazione non è del tutto efficace, sia lateralmente che, soprattutto, inferiormente alla lesione. La Sofora non è dunque in grado di arrestare la progressione del fungo.
Quest’ultima circostanza è legata alla capacità di Inonotus di adottare una duplice attitudine trofica: agente di carie bianca, sia in presenza di tessuti non più vitali (durame o alburno morto) che di tessuti vitali preesistenti (alburno con reazioni di compartimentazione di tipo 1, 2 e 3), ed agente di carie soffice, per superare eventuali barriere (realizzate a separazione tra tessuti vitali preesistenti e tessuti di nuova formazione) prodotte dall’albero.
Nel tempo, la necrosi si amplia e la carie si approfondisce nella sezione colpita fino a portare alla morte della ramificazione o al suo cedimento.
Inonotus hispidus è molto frequente su Sofora, essenzialmente come patogeno da ferita, dove colonizza i tagli di potatura di diametro significativo; nella mia esperienza, su questa specie (ma anche sulle rosacee, altri ospiti caratteristici) il fungo porta alla morte anche di grandi ramificazioni, ma raramente è coinvolto in schianti, anche se l’albero viene così pian piano “consumato”.
Meno grave è la convivenza tra questo fungo ed il Platano, dove, tuttavia, spesso compaiono ampie cavità o vistose necrosi che, comunque, di norma, almeno sulla base della mia esperienza, non causano cedimenti.
Del tutto diversa è, infine, l’interazione tra Inonotus e Frassino (nella mia attività ho incontrato solo F. maggiori colpiti dal fungo…) dove carie e necrosi sono estremamente rapide e devastanti (oltre che collocarsi ad una quota inferiore, in particolare al fusto ed alla corona, rispetto alle altre specie sopra citate).
Di fatto, questi diversi comportamenti specie-specifici dipendono dalle variazioni anatomiche tra i legni delle diverse specie, con particolare riferimento all’organizzazione quali-quantitativa dei raggi parenchimatici.
Molto interessante, tornando alla foto, è, infine, anche la presenza di un foro di picchio nella parte inferiore della lesione. Questi uccelli, prediligono costruirsi casa su tessuti alterati da questo fungo (come anche nel caso di Phellinus) rivelandosi un utile complemento diagnostico per l’individuazione del fungo anche in assenza di carpofori o ampie necrosi.
Dott. Agr. Giovanni Morelli